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Ha senso parlare ancora di borgata, di borgate

creato da Roberto Carvelli ultima modifica 20/06/2008 15:10

Disperse intorno a Roma ci sono tante piccole realta' che resistono alla periferia selvaggia e massificata. Sono le borgate, spesso accomunate nell'immaginario al degrado urbanistico, nascondo invece un cuore generoso.

Ha senso parlare ancora di borgata, di borgateHa senso ambientare un romanzo in borgata? Tra case in attesa di città, propaggini di una metropoli? Quando ho iniziato a scrivere "Bebo e altri ribelli. La rivoluzione spiegata alle commesse" (nonluoghi, 2002, 9 euro, www.nonluoghi.org ) avevo in mente questo stato di sospensione che non fa sentire né cittadini né paesani. Certo anche la voce di Pasolini ma come l’eco di un Italia diversa, senza più ghettizzazioni, sottosviluppo e analfabetismo legati ai luoghi. Per questo forse si poteva parlare della borgata come di un’ultima resistenza alla cementificazione forzata e diffusa che crea periferie uguali dappertutto secondo i dettami di un’urbanistica massificata che mira a farci sentire cittadini del mondo trasformandoci in replicanti.

Nel mio libro la borgata si chiama Torreverde ma potrebbe essere una qualsiasi borgata di qualsiasi città. Nella realtà Torreverde non esiste. E’ una piccola Macondo alle porte di Roma con le caratteristiche di tutte le borgate romane: Settebagni, Fidene, Torre Maura, Castelverde, Ciampino. Luoghi magici, circoscritti, di architetture creative che meritano passeggiate.

In particolare la via Salaria (antica via del Sale) riconoscibile in più punti del libro merita di essere meta di escursioni cominciando dalle tombe rupestri di Castel Giubileo, per poi passare all’antico insediamento romano di Crustumerium localizzato lungo la via Marcigliana e concludere alle numerose tombe rinvenute intorno a Settebagni (Septem Balnea). Al di là poi dell’archeologia il fascino di queste borgate è ancora intatto e si lega ad una concezione abitativa ancora umana e mononucleare. Piccoli appezzamenti di terreno con orti improvvisati e giardini in mezzo a cui spiccano fontane con veneri di milo e putti, settenani e biancanevi in un’estasi del kitsch e dell’infantile.


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